Intervista al Segretario Generale della Cisl di Sondrio Davide Fumagalli sull’attuale situazione economica nel nostro territorio
Segretario, qual è la vostra fotografia della situazione economica locale?
Il Covid, che ha provocato tanto dolore in molte famiglie, ha inciso profondamente anche sul sistema economico territoriale. I dati del mercato del lavoro parlano chiaro: 8.000 avviamenti in meno nel 2020 su una storica media di circa 30.000 all’anno sono quasi il 25% in meno. E se si approfondisce il dato si scopre che per il 70% riguarda i tempi determinati nel settore commercio e turismo, i più colpiti dalla crisi. Inoltre il crollo maggiore rispetto al 2019 è relativo ai giovani con -33% dei contratti di apprendistato. Il Covid ha picchiato duro anche per i lavoratori assunti: basti pensare che da marzo a dicembre 2020 abbiamo avuto una media di 3.500 dipendenti in cassa integrazione al mese (il 50% nella manifattura), a cui vanno aggiunte le mille imprese artigiane che l’anno scorso hanno attivato il fondo di solidarietà per circa 3.500 lavoratori. Questo ha portato e porterà un impoverimento delle famiglie, del tessuto economico territoriale e una preoccupante incognita nel momento in cui si sbloccheranno i licenziamenti.
Turismo e servizi hanno pagato un prezzo altissimo.
Innanzitutto ho ritenuto inaccettabile l’assenza di rispetto per la continua proroga e la diversità di trattamento rispetto alle aree urbane che la montagna ha subito nella vicenda delle mancate aperture degli impianti sciistici. Inoltre i ristori dati alle aziende, al netto dell’adeguatezza, non hanno inciso sul reddito dei lavoratori di un settore che essendo fortemente legato alla stagionalità non ha potuto beneficiare degli ammortizzatori sociali, ma solo su bonus una tantum e, solo per alcuni, sull’indennità di disoccupazione. Il turismo e tutta la filiera è stato il primo a essere colpito con oltre 4.000 cessazioni in più del rapporto di lavoro nel primo trimestre 2020 rispetto all’anno precedente e quello che ancora non vede la luce in fondo al tunnel, vista la non-ripartenza della stagione invernale che ha portato complessivamente a 7.000 avviamenti in meno lo scorso anno nel settore. Questi dati portano con sé l’aggravio del valore specifico, che nel complesso dell’economia locale ha questo settore, e dal ruolo di traino per le filiere agroalimentare, dei trasporti del commercio.
L’occupazione industriale nel 2020 è rimasta sostanzialmente invariata grazie al blocco dei licenziamenti. È sufficiente per evitare timori?
La situazione pandemica mondiale, i lockdown locali e la generale minore possibilità di spesa hanno rallentato economie ormai inserite in catene di valore internazionali con cali di produzioni e fatturato differenziati a seconda del settore di appartenenze. Solo a gennaio le ore di cassa Covid sono rapportabili a circa 1.000 lavoratori full time. Il settore dell’edilizia sconta una cronica mancanza di manodopera locale e qualificata a causa anche della vicina Svizzera che attira molti lavoratori legati a questo settore e non solo. Per gli anni a venire ci sono evidentemente grandi aspettative, legate agli importanti incentivi sul settore e su tutta la filiera, pensiamo solo agli effetti del “Bonus 110%”. Anche i lavori legati alla viabilità, messi in agenda in vista dei giochi olimpici invernali del 2026, potranno contribuire a dare ossigeno al settore. Occorrono però maggiori investimenti per la necessaria, costante e inderogabile cura e prevenzione dei rischi idrogeologici e bisogna pensare anche all’annoso e da tempo incompiuto capitolo della filiera bosco-legno.
Nell’anno dell’emergenza coronavirus sono emerse forti criticità anche nel pubblico impiego.
La nostra provincia riflette l’andamento generale del settore: il blocco del turn over degli ultimi anni ha portato a registrare su circa 10.000 addetti il 60% di over 50, con oltre 4.000 over 55. Per i prossimi anni è indispensabile quindi un piano di riordino che punti decisamente verso la digitalizzazione, la semplificazione, l’investimento importante in assunzioni e in formazione di nuove risorse umane con le competenze necessarie al raggiungimento degli obiettivi.
Quali sono le aspettative della vostra organizzazione verso il nuovo governo?
Prima di tutto abbiamo molto apprezzato il coinvolgimento delle parti sociali già nella fase di istituzione del nuovo governo. La Cisl ha presentato un documento dettagliato con le priorità per il nostro paese che deve ripartire sfruttando l’occasione unica del Next Generation EU, avviando una stagione fatta di innovazioni profonde, in grado di sciogliere i nodi storici del nostro sistema di crescita e di edificare un modello di sviluppo che coniughi solidarietà e competitività, partecipazione e produttività. Questo nel solco delle tre direttrici fondamentali indicateci dall’Europa su cui orientare gli obiettivi: sostenibilità ambientale, innovazione tecnologica, inclusione sociale. Significa quindi scegliere un approccio che preveda una visione di un futuro sostenibile coinvolgendo in primis i giovani nella costruzione di una società, di un mondo del lavoro, di percorsi scolastici con al centro il benessere collettivo di una comunità.
In particolare, cosa chiedete per il blocco dei licenziamenti?
Sappiamo molto bene che il blocco dei licenziamenti non potrà essere per sempre, ma riteniamo necessario in questa fase prorogarlo parallelamente alla cassa Covid e nel contempo lavorare per una riforma complessiva delle politiche attive e di ammortizzatori sociali all’insegna dell’universalità e della semplificazione puntando sulla formazione e sulla riqualificazione adeguate al contesto.
Si avvicinano le Olimpiadi, si discute di infrastrutture: qual è il vostro punto di vista?
Lo stesso da tempo: le Olimpiadi saranno di certo un’occasione irripetibile di stimolo per la crescita del nostro territorio, per questo oggi abbiamo la responsabilità di riflettere e progettare l’intero “ecosistema” economico sociale, considerato il ruolo di traino che il settore del turismo ha con tutto il resto e la stretta interdipendenza con le politiche territoriali. L’atteggiamento che ci è chiesto è quello di protagonisti a tutti i livelli per sfruttare al massimo il nostro potenziale. Le grandi opere previste, seppur scarse, vanno bene, ma non vedo un cambio di passo su una mobilità sostenibile, progetti di aree attrezzate e punti di raccordo per vecchi e nuovi mezzi di trasporto sia per residenti che per i turisti. Senza dimenticare il ritardo accumulato nelle infrastrutture immateriali per il trasposto di dati a banda larga che permetterebbero ad alcune professioni di essere svolte in qualsiasi luogo, anche in montagna. Occorre essere coraggiosi nel pensare soluzioni atte a contrastare lo spopolamento e l’impoverimento della nostra provincia. Per questo sostengo idee, che costituiscono un tentativo di rilancio per esempio del nostro capoluogo e non solo, alla ricerca di una nuova identità e di nuove opportunità, ben sapendo che alcuni settori economici su cui si è basata la vitalità economica del passato sono incamminati verso il declino. Se stiamo fermi siamo perduti, ma anche se ci muoviamo da soli: occorre una visione organica di tutto il territorio per evitare inutili e anzi dannose sovrapposizioni.
Travolti dall’emergenza, si è parlato ben poco di formazione e capitale umano. Cosa ne pensate?
Non riusciremo a centrare nessun obiettivo legato all’innovazione tecnologica senza investire sulla crescita professionale delle persone, sia in costanza di rapporto di lavoro sia nella fase di riqualificazione durante la transizione da un posto di lavoro all’altro. In realtà anche nel 2020 non sono mancati nuovi strumenti inerenti alla formazione come il Fondo Nuove competenze per i dipendenti delle aziende in ammortizzatori sociali per i quali c’è anche la possibilità di frequentare corsi individuali gratuiti. È stata rivista la Dote Unica di Regione Lombardia potenziandola sulle fasce più fragili e nel Piano nazionale di ripresa e resilienza è previsto un nuovo strumento che sostituirà l’assegno di ricollocazione. Ma occorre ricordare che alla base è necessario un cambiamento culturale da parte di tutti sul tema investire e innovare, in quanto siamo molto in ritardo come Paese e la nostra provincia non sta certo meglio. Per esempio l’impiego di tecnologie digitali soprattutto nei settori dei servizi, dell’artigianato del commercio è ancora troppo marginale. Anche in questo caso è determinante il ruolo del territorio attraverso le associazioni di rappresentanza sia istituzionali sia private per finanziare e guidare le imprese all’innovazione.
Si avvia al declino il reddito di cittadinanza: quali sono le vostre valutazioni e proposte?
Il reddito di cittadinanza ha contributo a dare risposte a situazioni di povertà che la pandemia ha acuito, come dimostra l’incremento del 28% dei nuclei percettori nella nostra provincia nel corso del 2020, centrando l’obiettivo del sostegno economico al reddito e di parziale supplenza alla mancanza di politiche di welfare specifiche dato che il 56% dei nuclei presentano nel loro interno almeno un minore e/o un disabile. Ma l’altra fase, quella di strumento di politica attiva per la ricerca di un lavoro, è stato un fallimento solo in parte giustificato dal Covid. Ciononostante ritengo fondamentale investire sui centri per l’impiego pubblico, sia attraverso l’implementazione delle dotazioni tecnologiche che sulla formazione del personale impiegando magari i navigator già assunti, affinché diventino una vera e propria cabina di regia degli attori che si occupano di lavoro: sindacati, imprese, agenzie per il lavoro, enti accreditati. Il pubblico nel mercato del lavoro deve recuperare il terreno perso negli anni a favore del privato altrimenti a pagare sono coloro che hanno minori opportunità di trovare un lavoro.
Scarica L’articolo di Stefano Barbusca pubblicato su “La Provincia” del 28/02/2021